Aumento stipendio, ogni quanto spetta e come farne richiesta

Simone Micocci

28/03/2024

L’aumento di stipendio in alcuni casi è un diritto del lavoratore e un dovere dell’azienda. Ecco quando e i consigli per farne richiesta al datore di lavoro.

Aumento stipendio, ogni quanto spetta e come farne richiesta

Se guadagni da anni lo stesso stipendio, senza godere di alcun aumento, probabilmente ti starai chiedendo se il datore di lavoro è nel giusto oppure se non ti sta riconoscendo dei soldi che ti spetterebbero di diritto.

Effettivamente ci sono delle circostanze in cui tanto la legge quanto i contratti collettivi nazionali stabiliscono che l’aumento di stipendio spetta di diritto al lavoratore. Se quindi siete nella stessa azienda da anni senza aver mai beneficiato di un aumento di stipendio, effettivamente potrebbe esserci qualcosa che non va.

D’altronde, uno dei fattori che comporta l’aumento di stipendio obbligatorio è lo scatto di anzianità riconosciuto dall’attuale normativa e disciplinato dai singoli contratti collettivi nazionali. Vi è poi una seconda regola, quella che obbliga il datore di lavoro a riconoscere un incremento di stipendio quando il dipendente aumenta di livello, nel caso dunque della cosiddetta mobilità verso l’altro. Non vi è tuttavia una legge che obbliga il datore di lavoro a promuovere un dipendente dopo un determinato numero di anni dall’assunzione.

Senza dimenticare poi che il datore di lavoro ha la facoltà di aumentare lo stipendio in ogni momento. D’altronde, dopo anni d’impegno e traguardi raggiunti, in cui nel frattempo è anche aumentato il costo della vita e dunque lo stipendio ha perso potere d’acquisto, un incremento della retribuzione sarebbe sicuramente un gesto di riconoscenza gradito. Per lo stesso motivo è libera scelta del lavoratore farne richiesta, seppure consigliamo di farlo seguendo alcuni consigli utili che possono portare a ottenere una risposta affermativa.

A tal proposito, qui trovate una guida su entrambe le forme di aumento di stipendio previste: quella obbligatoria - che dovrebbe scattare in automatico al raggiungimento di determinate condizioni - e la facoltativa.

Aumento di stipendio con gli scatti d’anzianità

Con il termine scatti d’anzianità si intendono gli aumenti di stipendio correlati agli anni di servizio del dipendente.

Tutti i contratti collettivi prevedono che la retribuzione benefici di un incremento dopo un determinato numero di anni in cui il lavoratore è impiegato nella stessa azienda. L’aumento di stipendio correlato all’anzianità di servizio, quindi, è un diritto riconosciuto a ogni dipendente.

A variare sono gli anni in cui sono previsti gli scatti d’anzianità, poiché questi dipendono dal Ccnl di riferimento; sono i contratti collettivi, infatti, a stabilire ogni quanto un dipendente ha diritto a uno scatto retributivo.

Ci sono contratti ad esempio dove lo scatto è previsto ogni biennio, altri dove invece per l’aumento di stipendio bisogna aspettare fino a cinque anni. Per capire tra quanto beneficerete di un aumento, quindi, dovrete consultare il Ccnl di riferimento così da scoprire quali sono gli scatti di anzianità previsti per il vostro inquadramento.

Solitamente l’aumento di stipendio una volta raggiunto uno scatto d’anzianità è automatico. Se ciò non avviene cosa potrà fare il dipendente per far valere il proprio diritto? Ci sono diversi organi ai quali questo si può rivolgere: dalla Direzione Territoriale del Lavoro (alla quale potete rivolgervi anche in caso di stipendio non pagato) ad un’organizzazione sindacale.

L’ultima soluzione resta invece quella del contenzioso giudiziario nel quale spetterà al dipendente provare la sussistenza del rapporto lavorativo e l’appartenenza allo stesso livello per il numero di anni previsto per lo scatto stipendiale.

È bene ricordare però che anche il diritto all’aumento di stipendio per il raggiungimento degli scatti d’anzianità è soggetto a prescrizione dopo 10 anni.

La prescrizione si calcola per ogni singolo rateo; cosa significa? Prendiamo come esempio un dipendente impiegato da più di 20 anni nella stessa azienda che non ha mai beneficiato di uno scatto stipendiale, nonostante questo fosse previsto dal Ccnl di riferimento ogni 5 anni.

Dopo 20 anni questo dipendente non potrà più richiedere il riconoscimento dei primi 2 scatti d’anzianità (per il 5° e il 10° anno di servizio) a causa dell’avvenuta prescrizione, ma potrà ancora rivendicare quelli previsti per il 15° e il 20° anno di servizio.

Promozione e aumento di livello

Al momento dell’assunzione il dipendente viene inquadrato in un determinato livello retributivo in base alle mansioni che sarà chiamato a svolgere. Qualora dopo alcuni anni di lavoro le responsabilità dovessero aumentare, allora il datore di lavoro dovrà promuovere il dipendente facendolo passare a un livello retributivo successivo.

In caso di passaggio a un livello superiore - che per il Jobs Act diventa definitivo dopo 6 mesi continuativi - la legge riconosce al dipendente un aumento di stipendio.

Il problema è che, come anticipato, la normativa non prevede alcun diritto alla promozione per il dipendente; a differenza degli scatti d’anzianità, quindi, non è obbligatorio un avanzamento di livello dopo un certo numero di anni di servizio presso la stessa azienda per il dipendente che continua a svolgere le stesse mansioni.

Ad esempio, se siete impiegati da 10 anni nella stessa azienda avete diritto a un aumento di stipendio per gli scatti di anzianità ma non alla promozione, per la quale - salvo diverse disposizioni nel Ccnl di riferimento - la scelta spetta al datore di lavoro (salvo ovviamente il caso in cui nel frattempo siano aumentate le responsabilità).

Aumento di stipendio con il rinnovo di contratto

A differenza delle pensioni, non esiste in Italia un meccanismo d’indicizzazione dei salari, con il quale appunto il livello delle retribuzioni verrebbe adeguato in automatico tenendo conto dell’aumento dell’inflazione.

Per gli aumenti in ogni settore, infatti, la normativa rimanda ai cosiddetti contratti collettivi nazionali di lavoro, all’interno dei quali viene fissato lo stipendio minimo in base al livello d’inquadramento.

In caso di rinnovo del contratto, con relativo aumento dello stipendio deciso su scala nazionale, anche il datore di lavoro dovrà uniformarsi tenendo conto dei nuovi parametri fissati dalla contrattazione.

Consigli per chiedere un aumento di stipendio

Al netto delle situazioni sopra indicate, vi è comunque la possibilità di chiedere l’aumento di stipendio direttamente al datore di lavoro. Valutando il momento giusto per chiedere l’aumento di stipendio, e argomentando al meglio la propria richiesta, potreste avere anche delle buone possibilità di riuscita.

Se quindi state pensando di chiedere un aumento di stipendio direttamente al datore di lavoro, è importante tenere in mente alcuni importanti consigli:

  • valutare lo stato di salute dell’azienda e fare autocritica: come anticipato, è importante scegliere il momento giusto. Ad esempio, se siete in azienda da molti anni e avete assistito, e contribuito, a un percorso di crescita senza mai pretendere nulla, potrebbe essere arrivato il momento di chiedere un piccolo riconoscimento per il lavoro svolto. Diversamente, se l’azienda sta attraversando un momento di crisi, o comunque se pensate che ultimamente non state rendendo al meglio sul lavoro, allora è opportuno aspettare dei tempi migliori prima di avanzare qualsiasi richiesta;
  • informarsi sui livelli retributivi nello stesso ambito professionale: anche guardarsi intorno potrebbe essere d’aiuto, se non altro per capire se effettivamente il vostro lavoro è retribuito il giusto oppure se sarebbe opportuno un aumento. Informandovi su qual è il trend nel proprio settore di riferimento scoprirete se il vostro stipendio è adeguato allo stato del mercato del lavoro in Italia, diversamente saprete cosa chiedere al datore di lavoro;
  • il secondo punto si lega perfettamente con il terzo. Nel dettaglio, è importante andare dal datore di lavoro con le idee chiare su quali sono le proprie richieste. Bisogna quindi avere in mente una cifra, come pure scegliere con accuratezza eventuali altri benefit;
  • avere cura del linguaggio è importante, in quanto non bisogna lasciare spazio alle emozioni. Bisogna fare in modo che il confronto con il datore di lavoro, qualunque sia la sua risposta, possa essere costruttivo. Le proprie ragioni vanno espresse in maniera chiara, senza rinfacciare al datore di lavoro alcunché, lasciando fuori dall’ufficio eventuali lamentele o rivendicazioni.

Allo stesso modo bisognerà essere in grado di gestire sia un eventuale rifiuto che una risposta positiva. Nel primo caso, ad esempio, potrebbe essere opportuno chiedere al datore di lavoro come potete meritarvi un aumento di stipendio; nel secondo, ossia in caso di esito affermativo, evitate di raccontarlo ai colleghi e cercate di far vedere al datore di lavoro che non ha commesso un errore nel riporre in voi la sua fiducia.

Le novità 2024

Se parliamo di aumento di stipendio non possiamo che soffermarci su alcune delle novità in vigore quest’anno che consentono di godere di un incremento della retribuzione.

Il primo è il bonus mamme lavoratrici, l’esonero totale della contribuzione a carico della dipendente fino a 3.000 euro l’anno (circa 250 euro al mese). L’applicazione dello sgravio, come pure di quello riconosciuto a chi guadagna meno di 2.962 euro al mese, è obbligatoria per il datore di lavoro.

Tuttavia, le lavoratrici che ne hanno diritto - quelle con 2 figli di cui uno di età inferiore ai 10 anni, oppure quelle con almeno 3 di cui uno minorenne - devono consegnare al datore di lavoro un’autodichiarazione con la quale si dichiara di soddisfare le condizioni che danno accesso allo sgravio indicando il codice fiscale dei figli.

Lo stesso devono fare lavoratori e lavoratrici che vogliono godere del trattamento fiscale agevolato sui cosiddetti fringe benefit, sui quali da quest’anno figura oltre al rimborso delle bollette di luce, gas e acqua, anche quello per il canone di affitto o gli interessi del mutuo (riferiti alla casa di abitazione).

La normativa, infatti, stabilisce che quest’anno i fringe benefit non vengono tassati se fino a 1.000 euro, mentre nel caso dei lavoratori con figli la soglia aumenta a 2.000 euro. Ma attenzione: a differenza del bonus mamme non ci sono obblighi per il datore di lavoro, il quale comunque potrebbe essere attratto dalla possibilità di riconoscere i fringe benefit come alternativa a un più impegnativo aumento strutturale dello stipendio.

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