Permessi lavoro per il papà, cosa spetta (e differenza con la mamma)

Simone Micocci

19 Marzo 2024 - 12:26

Cosa spetta al padre lavoratore? Permessi e congedi, ecco le misure aggiornate al 2024.

Permessi lavoro per il papà, cosa spetta (e differenza con la mamma)

Il papà lavoratore dipendente ha diritto a una serie di permessi - retribuiti e non - da utilizzare in tutti quei casi in cui abbia necessità di dedicarsi ai bisogni della famiglia e in particolare dei figli.

Negli anni i padri hanno acquisito un maggior numero di strumenti per la tutela del diritto alla genitorialità, uno su tutti il congedo di paternità obbligatorio che è salito a 10 giorni.

Tuttavia, vi è ancora una notevole differenza rispetto alle lavoratrici madri, le quali hanno l’obbligo di astenersi dallo svolgimento dell’attività lavorativa per 5 mesi di cui fruire prima (al massimo 2 mesi) o dopo il parto. Tant’è che da tempo è stato avviato un dibattito riguardante la possibilità di estendere anche al padre la possibilità di fruire dei 5 mesi di congedo obbligatorio, in alternativa con la madre.

Nell’attesa di ulteriori sviluppi in merito vediamo quali sono oggi i permessi a disposizione del lavoratore che diventa papà, nonché quanto spetta nei singoli casi.

Congedo obbligatorio di paternità

Nel 2024 il padre ha diritto al congedo obbligatorio di paternità della durata di 10 giorni (che salgono a 20 giorni nel caso di parto plurimo). Ne può fruire, non necessariamente in forma continuativa (ma non può essere frazionato a ore), nel periodo che va dai 2 mesi prima la data presunta del parto e fino ai 5 mesi successivi alla nascita, o più semplicemente durante il congedo di maternità della madre lavoratrice.

Il vantaggio di tale prestazione è che spetta il 100% della retribuzione, non comportando così alcuno svantaggio in busta paga.

La domanda va inviata al datore di lavoro, in forma scritta, almeno 5 giorni prima da quando si intende fruire del congedo.

Congedo parentale

Eccetto il caso del congedo obbligatorio di paternità, molto più breve rispetto a quello di maternità, non ci sono altre differenze significative tra padre e madre lavoratori.

Anche ai papà, ad esempio, spetta il congedo parentale per un totale di 7 mesi (uno in più rispetto alla mamma) di cui godere entro il compimento dei 12 anni di età del figlio. Se si considera anche il periodo di astensione della madre, il congedo parentale non può superare i 10 mesi (11 nel caso in cui il padre si sia astenuto per almeno 3 mesi).

Il congedo parentale solitamente è retribuito al 30%, ma entro il limite di 9 mensilità di cui al massimo 6 mesi per genitore. Tuttavia, per i genitori che hanno fatto rientro dal congedo obbligatorio nel 2023 il primo mese è indennizzato all’80%, mentre per gli eventi successivi al 2024 l’indennità maggiorata spetta per le prime due mensilità.

A differenza del congedo di paternità obbligatorio, quello parentale può essere fruito anche a ore.

Permessi per allattamento

La lavoratrice madre che fa ritorno dal congedo obbligatorio di maternità ha diritto, in alternativa al congedo parentale, al cosiddetto permesso per allattamento. Anche se chiamato così spetta per far fronte a qualsiasi bisogno del figlio o della figlia, ragion per cui a poterne godere è anche il padre.

L’importante è che non se ne usufruisca nelle stesse giornate in cui lo sta già facendo la madre.

Si tratta di riposi orari: 2 ore al giorno, oppure 1 ora per chi lavora con orario part-time inferiore alle 6 ore. Il vantaggio è che sono retribuiti al 100%.

Se ne può fruire entro il compimento del primo anno di vita del figlio a patto che se ne faccia domanda direttamente all’Inps (mentre la madre al datore di lavoro).

Permessi per la malattia del figlio

A disposizione del lavoratore c’è anche il congedo per la malattia del figlio, un periodo di astensione facoltativa di cui godere laddove i figli stiano male (condizione che deve risultare da apposito certificato medico che dovrà essere consegnato al rientro al lavoro).

Questo permesso non è retribuito: è idoneo quindi solamente per giustificare l’assenza e scongiurare il rischio di una sanzione.

La durata dipende dall’età del figlio a cui fa riferimento l’evento: fino al compimento dei 3 anni del bambino non ci sono limiti, a patto che i genitori si assentino alternativamente. Tra i 3 e gli 8 anni, invece, ciascun genitore può assentarsi al massimo per 5 giorni.

Congedo di maternità anche al padre?

In un’epoca in cui il ruolo del padre e della madre vengono continuamente rimessi in discussione, puntando a un’equiparazione tra le parti, c’è chi ritiene che sia ormai ingiustificata la differenza che c’è tra la durata del congedo obbligatorio di maternità (5 mesi) e quello di paternità (10 giorni).

D’altronde, questa differenza ha senso quando la lavoratrice gode del congedo anche nel periodo della gravidanza, con lo strumento che quindi ha come finalità la tutela della salute tanto della mamma quanto del nascituro; tuttavia negli anni sono sempre più le dipendenti che lo utilizzano interamente dopo il parto così da dedicarsi interamente ai bisogni del bambino.

Ha senso quindi ancora parlare di congedo obbligatorio a totale esclusiva della madre? Secondo le opposizioni no, tant’è che c’è una proposta unitaria volta a estendere il diritto alle 5 mensilità anche al padre, così da contrastare il pregiudizio sull’occupazione delle donne che vanno in maternità.

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