Vertenza sindacale, cosa rischia il lavoratore

Ilena D’Errico

10 Ottobre 2023 - 12:56

Cosa rischia il lavoratore che avvia una vertenza sindacale? Ecco quali elementi tenere in considerazione e come tutelarsi.

Vertenza sindacale, cosa rischia il lavoratore

La vertenza sindacale è uno strumento molto utile per i lavoratori, che consente loro di risolvere le controversie con i datori di lavoro e far valere i propri diritti evitando di andare in causa in tribunale (o almeno tentare). I lavoratori hanno però parecchi timori, perché temono di subire delle ripercussioni a causa di questa presa di posizione. Ma cosa rischia davvero il lavoratore? Ecco cosa potrebbe succedere.

Il mancato accordo

Il primo rischio della vertenza sindacale è il mancato raggiungimento di un accordo bonario o, ancora peggio, il raggiungimento di un accordo favorevole al datore di lavoro. La conseguenza, chiaramente, è che il lavoratore non ottiene quanto sperato, fosse un risarcimento o l’inibizione di provvedimenti considerati ingiusti.

Non si tratta quindi di un rischio vero e proprio, nel senso che al limite la situazione rimane uguale a quella precedente alla vertenza. Oltre a questo, l’unico pericolo inevitabile è il peggioramento della relazione interpersonale con il datore di lavoro e di conseguenza dell’ambiente lavorativo.

Ripercussioni immotivate (licenziamenti, negazioni di diritti dovuti) non sono comunque ammissibili, non secondo la legge, e andrebbero quindi a peggiorare la posizione del datore di lavoro, portandolo dalla parte del torto anche laddove inizialmente così non fosse.

La causa in tribunale

Il lavoratore si assume decisamente un rischio più importante quando la vertenza ha un esito negativo e decide di procedere con una causa di lavoro in tribunale. Innanzitutto, è bene precisare che sarà necessario (almeno) anticipare le spese per pagare l’onorario all’avvocato, a meno che si possa usufruire dell’assistenza legale con gratuito patrocinio.

Ma il rischio principale si ha al termine della causa, nel caso in cui non venissero riconosciute le pretese del lavoratore. Se il dipendente ricorrente ha promosso la causa per un motivo infondato (o che non è riuscito a provare adeguatamente) sarà costretto a pagare le spese legali e processuali, comprese quelle per l’avvocato difensore del datore di lavoro.

Oltretutto, il lavoratore che agisce in giudizio pur sapendo di avere torto rischia di essere sanzionato con l’obbligo di corrispondere alla controparte anche un risarcimento danni per i disagi causati all’azienda, anche in termine non economico.

Come tutelarsi

Ciò non significa che i lavoratori debbano evitare di agire in giudizio e rinunciare alla difesa dei propri diritti per la paura delle spese. Innanzitutto, è bene sottolineare che il principio di soccombenza (per il quale paga le spese chi perde la causa) può essere derogato dal giudice.

Quest’ultimo, infatti, se lo ritiene davvero opportuno può predisporre la compensazione delle spese legali, per effetto della quale ogni parte dovrà farsi carico delle proprie spese (compensazione totale) o solo di una porzione dell’altra (compensazione parziale).

La compensazione delle spese legali rappresenta un’eccezione alla regola che tuttavia è spesso presente nelle cause di lavoro, poiché spesso si presentano queste caratteristiche:

  • Le domande vengono accolte solo parzialmente e non sono dunque del tutto infondate;
  • una parte ha possibilità economiche decisamente superiori all’altra.

Per esempio, se il datore di lavoro è rappresentato da una Pubblica amministrazione, con finanze decisamente sproporzionate rispetto a quelle di un dipendente, è molto probabile che il giudice stabilisca la compensazione delle spese. Questo non significa che la Pa dovrà pagare anche le spese per il lavoratore soccombente, ma solo che quest’ultimo pur quando soccombente non dovrà pagare anche le spese legali della controparte.

È poi importante, prima di avviare un giudizio, verificare che preventivamente le pretese reclamate siano supportate dalla legge, ma anche di essere in grado di provarlo con efficacia. Nelle cause di lavoro, infatti, tutte le domande di tutela e le prove a disposizione devono essere indicate nel ricorso e non possono essere aggiunte successivamente. Bisogna quindi assicurarsi di disporre già dei documenti necessari e di poter indicare i testimoni utili al processo.

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