Crisi energetica, come risolvere il problema della mancanza del gas in Italia: l’intervista a Fazio (Enel)

Stefano Rizzuti

24/05/2022

Per fronteggiare la crisi energetica l’Italia deve snellire le regole burocratiche e autorizzare gli impianti rinnovabili in pochi mesi: l’intervista di Money.it a Giulio Fazio (Enel).

Crisi energetica, come risolvere il problema della mancanza del gas in Italia: l’intervista a Fazio (Enel)

Non serve cambiare le regole del Pnrr, ma adattare quelle esistenti per incentivare gli investimenti senza bloccarli per i troppi permessi, la burocrazia e i ricorsi. Questa è la posizione di Giulio Fazio, direttore Affari legali Enel, intervistato da Money.it a margine dell’evento EY Law Summit in cui si è discusso proprio del Pnrr e di come le aziende dovranno affrontare le novità del piano dal punto di vista legale.

La crisi energetica, spiega Fazio, poteva essere arginata, ma l’Italia avrebbe dovuto investire di più sulle fonti rinnovabili: “Se avessimo avuto questa capacità oggi soffriremmo meno, siamo sempre in ritardo”. Ma c’è ancora tempo per rimediare: “Se fossimo in grado di autorizzare impianti da fonti rinnovabili in pochi mesi tra un anno avremmo la metà del problema del gas che abbiamo oggi”.

La crisi energetica e la difficile situazione economica attuale portano qualcuno a chiedere di cambiare il Pnrr: è questa la strada da seguire?
Credo che piuttosto che cambiare il Pnrr bisognerebbe adottare le regole con le quali il Pnrr verrà realizzato. Ancora non abbiamo visto i soldi che dovranno essere spesi, se non una piccola parte; però il problema è che nel Paese ci sono grandi risorse, pronte a essere spese, che non possono essere spese perché non si riesce a investire. E non si riesce a investire perché i permessi sono incerti e sono eccessivamente lunghi, perché i ricorsi amministrativi e civili sono capaci di bloccare gli investimenti. Avere delle regole chiare che permettano di investire su cose chiare da solo attiverebbe moltissime risorse private. Poi avrebbe anche la facoltà di aiutare a gestire meglio quello che oggi stiamo vedendo, per esempio la crisi energetica. Che sicuramente deriva dall’aumento sul mercato internazionale dei prezzi del gas, ma altrettanto certamente se avessimo avuto la capacità di avere in Italia più fonti rinnovabili oggi soffriremmo meno. Siamo sempre in ritardo e se vogliamo guardare al lungo periodo è il momento di attuare queste riforme, che ci serviranno per tanto tempo.

E con la guerra la situazione si è complicata?
È vero che la crisi ucraina sta creando dei problemi di allocazione di fondi superiori, di debito, ma sono sicuro che lì il governo abbia tutti gli strumenti per intervenire. Il tema è riuscire a trasmettere agli interlocutori pubblici e privati l’idea che stiamo discutendo del bene comune nel lungo periodo e non solo di questa crisi, ma di tutte le crisi che dovremo affrontare in futuro. Per questo serve fare delle riforme, bene, che permettano alle famiglie di crescere i loro figli, non solo di pagare le bollette domani, ma anche vivendo in un mondo in cui il cambiamento climatico è stato messo sotto controllo, di non vivere più quell’oscillazione dei prezzi che viviamo oggi e ci si può fidare del proprio datore di lavoro e della sicurezza sul lavoro, non si perde il lavoro semplicemente perché qualcuno vuole redistribuire la risorse a proprio favore. Creare un mondo più giusto è un’occasione unica per le regole del Pnrr e non possiamo perderla. Poi discutiamo anche dei cambiamenti, ma prima facciamo quello che va fatto.

A suo giudizio l’attuale crisi energetica potrebbe funzionare da volano per queste riforme?
Dovrebbe esserlo, la crisi energetica deriva principalmente dal fatto che il prezzo del gas è fuori controllo. La verità è che se ci sono infrastrutture che producono energia da fonti rinnovabili e sono in grado di produrre a un prezzo costante, perché non c’è una fonte se non quella che proviene dalla natura, si sostengono dei costi fissi e se si ha la filiera per sostenerli in modo sano vuol dire anche spendere il giusto e far lavorare le persone. Potevamo farlo negli ultimi 20 anni e non l’abbiamo fatto: non è una scusa per aspettare cinque anni per farlo. Le riforme più recenti che abbiamo sul tavolo prevedono che il permitting di un’opera infrastrutturale avvenga in 2-3 anni, è troppo tempo. Se fossimo in grado di autorizzare impianti da fonti rinnovabili in 3 mesi, 5 mesi, tra un anno avremmo la metà del problema del gas che abbiamo oggi. Sarebbe un grande obiettivo, arriveremmo a un risultato prima che con tanti altri strumenti incerti, come cercare altri paesi instabili dove approvvigionarsi di gas.

Quando crede che possa arrivare un risultato concreto nel vostro settore da questo punto di vista?
Vedo che il governo sta lavorando su questi decreti di semplificazione, c’è un impegno del presidente del Consiglio sulla concorrenza. Le persone che stanno lavorando su questo sono oggettivamente le persone più capaci in questo settore: se qualcuno ce la può fare sono loro. Li lasciamo lavorare con serenità, critichiamo le cose che secondo noi possono essere aggiustate, senza demolire nulla: siamo disposti a dare una mano. Bisogna avere un po’ di pazienza, perché il lungo periodo non si misura in 2-3 mesi, si deve misurare in un periodo ragionevole.

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