Caso straBerry: da startup innovativa al sequestro per caporalato

Violetta Silvestri

26/08/2020

La startup straBerry, finora nota per innovazione e impegno green nella coltivazione di frutti di bosco, è stata sequestrata. Grava sull’impresa l’accusa di caporalato. I fatti.

Caso straBerry: da startup innovativa al sequestro per caporalato

L’azienda straBerry è finita sotto sequestro per una brutta storia di presunto sfruttamento dei braccianti agricoli.

Una battuta di arresto, quindi, per la parabola ascendente di questa innovativa startup, premiata da Coldiretti per l’avanguardia nelle pratiche ecologiche di produzione.

Ora è calata l’ombra del caporalato per l’impresa lombarda fondata da un giovane imprenditore, con il sogno di fare business nel settore della coltivazione di frutti di bosco e ortaggi nel rispetto dell’ambiente.

È scattato, quindi, il sequestro della Azienda Agricola Cascina Pirola di Cassina de Pecchi dopo l’avvio di indagini su un anomalo flusso di braccianti africani che lavoravano per straBerry.

Sequestro e accusa di caporalato per straBerry: i fatti

Dalle indagini dei finanzieri del comando provinciale di Milano e della Compagnia di Gorgonzola, con il capitano Giacomo Cucurachi, sono emerse gravi irregolarità nelle modalità di lavoro presso l’azienda agricola straBerry.

Nota per la coltivazione di ortaggi e frutti di bosco nei campi del Parco Agricolo Sud di Milano, la startup finora ha goduto di un condiviso apprezzamento per il suo lavoro ecosostenibile.

I controlli avviati sui lavoratori assunti per il lavoro di raccolta, però, hanno svelato un sistema illegale e di sfruttamento. L’accusa per il giovane imprenditore è di caporalato.

I finanzieri, però, hanno scoperto più di un illecito: braccianti africani costretti a lavorare per più di 9 ore a 4,50 euro l’ora (paga minima prevista è tra i 7,20 e gli 8,00 euro); immigrati assunti con contratti di soli due giorni; anomalie nella trasparenza delle buste paga e delle assunzioni; totale mancanza di misure di sicurezza anti-COVID.

Inoltre, attraverso testimonianze dirette, le Fiamme Gialle hanno scoperto anche l’impiego di metodi vessatori, minacce e atteggiamenti oppressivi dei datori di lavoro contro i braccianti per velocizzare la raccolta.

Sono scattate, quindi, sette denunce per intermediazione illecita e sfruttamento della manodopera rivolte a due amministratori della straBerry, due sorveglianti della manodopera, un consulente del lavoro addetto alle buste paga e due dipendenti amministrative.

In più è già operativo il sequestro di terreni e fabbricati, per un totale di 53 immobili della Cascina Pirola de Cassina de Pecchi, 25 strumentazioni e 3 conti corrente.

La storia di straBerry: frutti di bosco nel milanese

La startup finita sotto inchiesta per caporalato coltiva frutti di bosco e ortaggi alle porte di Milano, nei campi che appartengono al Parco Agricolo Sud Milano, a soli 15 chilometri dal Duomo.

Il vanto dell’azienda è il metodo di lavoro ecosostenibile e orientato alle più innovative tecniche green. Dei 200.000 mq di area produttiva, infatti, 25.000 sono composti da serre alimentate con energia solare tramite pannelli fotovoltaici. è qui che l’azienda fa crescere le sue fragole.

In più, possiede coltivazioni di mirtilli, lamponi, ciliegie, more, frutta, ortaggi, cereali.
I prodotti della cascina sono solitamente trasportati tramite colorati apecar, ormai divenuti un marchio di riconoscimento dell’azienda.

Coldiretti ha premiato straBerry con il riconoscimento Oscar Green nel 2013 e nel 2014.

L’attuale vicenda dello sfruttamento dei lavoratori e del sequestro rappresenta una brutta pagina per l’ascesa nel mercato agricolo dell’innovativa impresa.

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