Quando l’IPO fa crack: storie di IPO con grandi aspettative che si sono rivelate un flop

Livio Spadaro

20 Ottobre 2015 - 13:12

Lo sbarco in Borsa non è sempre un successo: riportiamo i casi di Saras, Moncler, Facebook e Moleskine che hanno tradito le aspettative degli investitori (in alcuni casi recuperando)

Quando l’IPO fa crack: storie di IPO con grandi aspettative che si sono rivelate un flop

In questi giorni sbarcheranno sui listini azionari Ferrari (RACE), Poste Italiane e in Giappone Japan Post con un il collocamento di quest’ultima che avverrà al prezzo massimo della forchetta. Tutti i collocamenti di queste società sembrano promettere bene vista la grande richiesta di sottoscrizione, ma questo è indice che si stia facendo un buon affare a sottoscrivere il collocamento di un titolo?

I casi di Moncler, Saras, Facebook e Moleskine dicono che non è sempre così, vediamo nel dettaglio cosa è successo in queste IPO andate male e che non sempre hanno visto poi il titolo recuperare le quotazioni di collocamento.

Saras: il collocamento in Borsa che si è rivelato un incubo

Partiamo da un caso tutto italiano: il collocamento in borsa di Saras. La società di raffinazione petrolifera di proprietà della famiglia Moratti, si quotò in Borsa nel lontano 18 Maggio 2006 al prezzo di 6 euro. Tutto faceva pensare ad un rally iniziale per il titolo di raffinazione petrolifera invece il giorno della quotazione in Borsa da sogno diventato realtà si trasformò in incubo. Infatti, il giorno della quotazione il titolo Saras affondò con un picco del -11% circa. La delusione fu enorme tra i collocatori considerando che durante il periodo di collocamento la richiesta (per l’80% di istituzionali) fu superiore di ben 4 volte la domanda che lasciava presagire ad un inizio in Borsa decisamente diverso.

Le spiegazioni che vennero date per questo crollo furono le più svariate, c’era chi dava la colpa al prezzo del petrolio in quel periodo, chi alla tendenza negativa dei mercati azionari, ma la risposta era semplice: il prezzo di collocamento sovrastimava la società.

Basti pensare che dal giorno dell’IPO al 2013 il titolo aveva perso l’85% del suo valore portandosi sulla quotazione di circa 1 euro. Perché? Bastava dare un’occhiata ai conti di Saras: nel 2012 il bilancio era stato chiuso in rosso di 90 milioni, perdita raddoppiata rispetto al 2011. A tutt’oggi il titolo Saras quota sotto il prezzo di IPO, altro che petrolio e tendenza dei mercati.

Facebook: da pietra miliare della Borsa a flop durato un anno

Uscendo dai confini nostrani, un altro caso che ha dell’eclatante è quello dell’IPO di Facebook sul Nasdaq. Il social network guidato da Mark Zuckerberg si quotò a Wall Street il 18 Maggio 2012. Non si parlava di altro da mesi sui mercati finanziari, difatti l’operazione era la più grande nel settore della tecnologia e una delle più grandi della storia di internet (i media la considerarono una pietra miliare culturale oltre che finanziaria).

Tornando al giorno dell’IPO, l’ingresso in Borsa di Facebook fu ostacolato da problemi tecnici che ne causarono il ritardo alla partenza, tuttavia il titolo quel giorno chiuse con un modesto rialzo nonostante il forte rally registrato nei primi minuti di scambi. Da lì cominciò una discesa senza fine durata un anno che fece toccare il minimo di 18 dollari al titolo. Per tornare sopra i prezzi di IPO ci volle più di un anno e oggi il titolo quota ben al di sopra del prezzo di collocamento.

Ma perché il titolo scese per un anno? Un primo problema lo causò sicuramente il ritardo dovuto ai problemi tecnici che allontanarono potenziali investitori ma comunque era un elemento secondario. Il vero problema era sempre lui: il bilancio. Infatti ci si chiedeva quanto Facebook potesse continuare a esistere e quindi ci si domandava in primis sulle prospettive future della società. Inoltre l’EPS del giorno di quotazione del titolo, era il quadruplo rispetto a giganti come Google ed Apple.

Un EPS così alto doveva essere giustificato da un aumento dei ricavi proporzionale che non aveva trovato riscontro. Difatti il fatturato aumentava a un tasso superiore del 100% di trimestrale in trimestrale cominciando poi a calare al di sotto del 50%. Questo significava che o la società riportava i livelli di crescita ai livelli precedenti oppure il mercato avrebbe provveduto a stornare il calo del ritmo di crescita dei ricavi dal prezzo del titolo.

Tuttavia, come detto prima, il titolo quotò sotto il prezzo di IPO per circa un anno e per chi ebbe il fegato di tenere il titolo in portafoglio si rivelò, vedendo la quotazione di oggi, un ottimo affare.

Moncler: dal rally iniziale al ritorno sui prezzi di IPO

Tornando nei confini italiani, c’è un caso opposto a quello di Facebook ossia il collocamento in Borsa di Moncler. La società produttrice di piumini vide un ingresso in Borsa col botto: la domanda era superiore all’offerta di ben 27 volte. Il primo giorno di quotazione fu un vero e proprio successo che segnò un rialzo del 46% che continuò nei giorni seguenti facendo superare al titolo la soglia dei 16 euro rispetto al prezzo iniziale di 10,2 euro.

La quotazione in Borsa avvenne il 16 dicembre 2013 e il rally del prezzo durò fino a gennaio 2014 dove il titolo registrò il massimo di 16,35 euro. Da quel giorno Moncler conobbe una parabola discendente che nell’arco di un anno la portò a quotare nuovamente sui prezzi di IPO. Motivi del calo furono la negatività diffusa sul settore del lusso e per l’inchiesta di Report sui trattamenti riservati agli animali da parte della società di piumini.

Moleskine: errore nella valutazione del settore di appartenenza

Altro ed ultimo caso che riportiamo è quello di Moleskine società produttrice di taccuini. Moleskine si quotò in borsa nel 2013 e la richiesta era abbondante: 3,7 volte l’offerta. Tutto lasciava presagire ad un buon avvio in Borsa ed infatti fu così con il titolo che segnò un rialzo di oltre il 3%. Tuttavia, i giorni successivi non furono dei migliori visto che il titolo arrivò a cedere il 32% in meno di un anno e tutt’oggi quota al di sotto dei livelli di IPO. L’errore di molti investitori fu quello di considerare Moleskine un titolo del lusso, cosa che invece non è.

Riassumendo, tutti i casi che abbiamo visto ci suggeriscono che bisogna analizzare in maniera approfondita la quotazione iniziale di un titolo perchè si possono commettere errori che possono costare caro. Il caso di Facebook ci suggerisce di verificare sempre le prospettive di società che hanno attività dalla valutazione incerta. Quello di Saras di vedere se effettivamente il prezzo iniziale rispecchia l’andamento di una società.
Il caso di Moncler ci invita a valutare anche il settore di appartenenza, mentre il caso di Moleskine può essere di spunto per capire se il mercato o i collocatori abbiano individuato correttamente il settore di appartenenza della società.

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