Omicidio Marta Russo: chi era, cosa è successo e il ruolo di Scattone e Ferraro

Giorgia Bonamoneta

21/10/2021

Cos’è successo il 9 maggio del 1997? A distanza di oltre vent’anni ancora oggi i fatti relativi all’omicidio di Marta Russo rimangono fumosi e spesso contraddittori.

Omicidio Marta Russo: chi era, cosa è successo e il ruolo di Scattone e Ferraro

L’omicidio di Marta Russo, studentessa dell’Università di Roma La Sapienza, è uno dei casi su cui ancora oggi l’opinione pubblica è molto divisa. Da una parte c’è chi crede nella colpevolezza dei due condannati, ma c’è anche chi cerca le risposte delle domande in sospeso.

Prima fra tutte: perché Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro avrebbero dovuto uccidere Marta Russo? Quello che le indagini sono riuscite a ricostruire fino a oggi è effettivamente poco e persino la prova più importante, la polvere da sparo trovata nelll’aula dove si pensa sia partito il colpo è in dubbio.

Cosa rimanere dopo 24 anni dalla morte di Marta Russo, della vicenda, dei fatti e dei presunti colpevoli? Possiamo dire che nulla è stato lasciato al caso, che ogni strada è stata tentata? Dopo così tanti anni è difficile immaginare di trovare la risposta a tutte le domande, ma come per altri casi si spera sempre che la pressione dell’attenzione mediatica porti qualcuno a parlare e a sciogliere i nodi che ancora esistono intorno alla vicenda.

L’omicidio di Marta Russo: cos’è successo quel 9 maggio del 1997?

Non è solo possibile, è assolutamente certo che qualche prova, indizio e testimone sia sfuggito alle indagini. Fin da quel fatidico momento, fin dalle 11:42 di mattina del 9 maggio 1997 qualcosa è andato storto. Ma cosa è successo?

Chi era Marta Russo?

Il 9 maggio 1997, alle ore 11:42, Marta Russo passeggiava per il cortile dell’Università di Roma La Sapienza. Non era sola, era in compagnia della sua amica Jolanda Ricci. Marta Russo era una studentessa di 22 anni della Sapienza, del corso di Giurisprudenza, ex atleta.

Probabilmente, come ogni mattina prima o dopo un corso, Marta viveva la propria università, ne frequentava gli spazi. Quel giorno però qualcosa va tremendamente storto. Non si conosce il motivo, il movente dei due presunti assassini, ma Marta Russo alle 11:42 viene raggiunta da un calibro 22.

Viene soccorsa, ma arriva in ospedale in condizioni critiche e irreversibili. Il 14 maggio la spina che la teneva in vita, in condizione di morte celebrale, viene staccata.

Omicidio Marta Russo: chi ha sparato e da dove?

Le indagini iniziano immediatamente, le uscite sono bloccate e le persone controllate, ma era possibile che il colpevole o i colpevoli fossero già scappati. Chi ha sparato, con quale arma e perché?

All’inizio le indagini si concentrano sul bagno di fronte alla scena dell’omicidio - Marta Russo non era ancora morta, ma diamo per scontato questo dato ora che ne siamo a conoscenza - gli inquirenti infatti erano insospettiti dalla collezione di armi dei dipendenti della ditta di pulizia che si trovava chiusa in un magazzino accanto al bagno.

Citiamo questo passaggio per l’emblematica scelta di abbandonare le indagini sul posto. Infatti, anche dopo mesi di fermo, l’attenzione degli inquirenti si era ormai focalizzata su un’aula ben precisa.

Le indagini dell’omicidio di Marta Russo si concentrano sulla polvere da sparo

Sarà la scoperta della polvere sul davanzale della finestra dell’aula 6 a far cambiare direzione alle indagini. La scientifica trovò i residui di polvere da sparo sul quel davanzale e ipotizzò che il colpo fosse partito da lì. Allo stesso tempo però il davanzale rappresenta un ostacolo, infatti per poter sparare da quella posizione bisognerebbe sporgersi di molto, con il rischio di cadere.

L’aula 6 del dipartimento di Filosofia del Diritto, al primo piano dell’edificio di Giurisprudenza e Statistica, diventa il luogo delle indagini. Dai tabulati telefonici di un telefono presente nell’aula si risale a un primo testimone: Maria Chiara Lipari, figlia di Nicolò, un professore ordinario della stessa facoltà ed ex parlamentare della DC.

Omicidio Russo: testimoni e versioni, il dubbio delle dichiarazioni

Inutile girarci intorno: uno dei problemi di queste indagini travagliate sono state le testimonianze. Da parte sua Maria Chiara Lipari si dimostrò molto discordante. All’inizio negò di essere stata nell’aula, poi che ci fosse qualcuno all’interno, in seguito confermò la presenza di alcune persone e infine passò la palla alla segretaria Gabriella Alletto.

Su Gabriella Alletto ci sarebbe molto da dire, dalle prime intercettazioni nelle quali confessa di avere paura di essere messa in mezzo, all’interrogatorio registrato nel quale ammette sotto voce a un agente di polizia suo parente che “bisognerebbe sapere chi è quell’altro oltre a Ferraro”.

Chi sono Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro condannati per l’omicidio di Marta Russo?

Ho visto Scattone con la pistola in mano e Ferraro mettersi le mani nei capelli in un gesto di disperazione”, dopo aver giurato di non aver visto nessuno Alletto racconta di aver visto due persone e una pistola.

Giovanni Scattone, la persona accusata dell’omicidio di Marta Russo, viene condannata a 5 anni e 4 mesi sulla base della dichiarazione di Gabriella Alletto. Suo complice, secondo l’accusa, è Salvatore Ferraro, condannato a sua volta per favoreggiamento di omicidio colposo per altri 4 anni.

I due hanno continuato a ripetere di essere innocenti per 24 anni. Di dubbi però ce ne sono eccome. A partire dalla prova che ha cambiato la direzione delle indagini: la presunta polvere da sparo potrebbe in realtà essere un residuo di freni di una macchina o di una stampante.

Eliminata questa prova cosa rimane? Quello che il pubblico della vicenda sa è che sono state prese per valide le due testimonianze di Gabriella Alletto e Maria Chiara Lipari. Testimonianze però, come ricordano molti giornali, documentari e interviste, sono state tardive, spesso contraddittorie e in generale fragili e inaffidabili.

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