Marketing e comunicazione: a che punto siamo con l’innovazione? Intervista a Marco Caradonna

Antonella Coppotelli

21/04/2021

Mai come ora è necessario puntare i fari su innovazione e tecnologia. Dopo oltre un anno trascorso a lavorare e a intrattenersi da remoto è apparso chiaro ed evidente che del digitale non se ne può più fare a meno.

Marketing e comunicazione: a che punto siamo con l’innovazione? Intervista a Marco Caradonna

Siamo nel pieno della Quarta Rivoluzione Industriale come ha affermato Klaus Schwab nel 2016, fondatore del World Economic Forum, processo che fonde insieme Internet of things (IoT), robotica, dispositivi connessi, sistemi informatici fisici e le smart industries. Di certo il 2020 ha accelerato tutta una serie di processi a tal punto che la necessità di digitalizzazione è uno dei punti cardine del Next Generation EU “attraverso l’uso del 20% delle risorse per progetti di digitalizzazione”.

Se però l’agenda europea detta con urgenza che si realizzino determinate misure atte alla promozione e allo sviluppo economico, dall’altro non sempre la realtà trova risposte coerenti e in linea con quanto richiesto dal mercato. È di pochi giorni, infatti, la notizia che il Consiglio del Notariato ha impugnato e vinto la causa contro il decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 17 febbraio 2016, che disciplina le “modalità di redazione degli atti costitutivi di società a responsabilità limitata start-up innovative”. Stando al testo della sentenza la posizione del Mise è illegittima e, contrariamente a quanto indicato nel decreto, è necessaria la presenza del notaio anche per la costituzione di startup e PMI innovative. Con buona pace di chi già vedeva l’evoluzione e la certificazione dei contratti attraverso la blockchain con tempi e, forse anche costi, più contenuti.

Al netto di questi rallentamenti, però, ci sono dei settori come quello del marketing e della comunicazione che necessariamente devono stare al passo con i tempi e devono guardare all’automazione dei servizi e all’utilizzo dei dati con un occhio sempre più attento e analitico per mantenere vivida e duratura nel tempo la relazione con il consumatore finale.

Ne abbiamo parlato con Marco Caradonna, protagonista indiscusso da decenni della digital industry nostrana prima in qualità di CEO di Carat Italia, uno dei più grandi media network al mondo e, successivamente, imprenditore di successo e Co-Founder & Managing Partner di BlackSheep Ventures, primo fondo europeo di venture capital verticale con background imprenditoriale che investe in MadTech.

Ciao Marco e benvenuto su Money.it. Industria del marketing e comunicazione: a che punto siamo in fatto di innovazione? in Italia ed in Europa in cosa siamo avanti e in cosa, invece, dobbiamo rincorrere i Paesi oltreoceano?

Il settore del marketing e della comunicazione, con 1.300 miliardi di dollari di valore generato nel 2020, previsto in crescita del 12-14% nei prossimi tre anni raggiungendo la cifra 1.650 miliardi di dollari entro il 2023, è uno dei settori più ricchi e meno automatizzati al mondo.

Per questo motivo il mercato subirà una forte discontinuità nei suoi elementi fondanti: si registrerà una considerevole riduzione del valore dei servizi erogati dai player globali della comunicazione e della consulenza (Global Agencies & Major Consulting Firms), ancora largamente affidati al lavoro umano. Parliamo di un segmento di straordinarie dimensioni, il cui valore nel 2020 è stato di circa 450 miliardi di dollari e che è dominato da pochi player globali basati su reti di persone numericamente enormi. Il modello di business di questo settore è ancorato a una logica “Time & Material” legata all’esecuzione di specifici progetti.

L’adozione di tecnologie di nuova generazione sarà in grado di automatizzare processi oggi manuali, lenti e ad alto margine di errore, e di prendere decisioni autonome basate sui dati, generando maggiore efficacia ed efficienza nel rapporto brand-consumatore. Tutti gli osservatori concordano nel prevedere un aumento della domanda di questo tipo di tecnologie da parte dei brand vicina al 200% nei prossimi tre anni, a detrimento del segmento composto dai player dei servizi di marketing e comunicazione.

In questo contesto di forte disruption, si inserisce un ulteriore elemento di enorme discontinuità, ossia il progressivo adeguamento a livello globale delle leggi sulla privacy sulla scorta del modello europeo del GDPR.

Il cambiamento imposto è epocale poiché formalizza, per la prima volta, il concetto di privacy come personal-right e non più come semplice property-right, ponendo un’attenzione sul tema del pieno ed esplicito consenso informato del consumatore precedentemente ignorata.

La nuova normativa della Privacy entrata in vigore in Europa nel 2018 ha dimostrato un tale consenso da trasformarsi presto in un riferimento a livello globale. Più di 60 giurisdizioni in tutto il mondo hanno emanato o proposto nuove leggi sulla privacy e sulla protezione dei dati, in seguito all’introduzione del GDPR nel 2018. Entro il 2023 il 65% della popolazione mondiale avrà le proprie informazioni personali coperte dalle moderne normative sulla privacy, rispetto al 10% di oggi.

È proprio questo vantaggio normativo in materia di protezione dei dati personali ad aver creato un contesto particolarmente favorevole per l’Italia e l’Europa con un vantaggio rispetto al resto dei mercato di almeno 3 anni; si è assistito a una forte e inedita spinta verso la nascita di nuove imprese tecnologiche capaci di gestire l’automazione dei processi, la personalizzazione della relazione col consumatore in chiave marketing, e l’orchestrazione tra canali sempre più digitali (vedasi ad esempio il prossimo switch-off della Tv digitale) in modalità perfettamente conforme ai nuovi precetti regolamentari.

Dall’introduzione del GDPR l’Europa ha superato sia US sia APAC per numero di nuove aziende nate per soddisfare la crescente domanda di software intelligenti e automatizzati privacy compliant. L’avvento delle tecnologie di automazione erogate a mezzo SaaS svilupperà nuova occupazione nei distretti universitari e tecnologici italiani ed europei, da sempre fucina di talenti sempre meno attratti dal dominio delle aziende d’oltreoceano.

Le Big-Tech americane stanno subendo il contraccolpo di un cambio normativo radicale, trovandosi improvvisamente impreparate a gestire un cambiamento così veloce e impattante sulle modalità attraverso le quali hanno incentrato i propri modelli di business, fortemente sbilanciati sullo sfruttamento implicito e libero del dato del consumatore finale.

Aziende come Oracle o Salesforce, sulla spinta della Autorità UE stanno affrontando svariate cause che contemplano sanzioni amministrative di importi rilevanti, unitamente a ordini esecutivi di blocco dei trattamenti delle relative banche dati e la disattivazione di alcuni servizi software offerti.

BlackSheep Ventures, è il primo fondo europeo di venture capital verticale con background imprenditoriale che investe in MadTech, ossia in aziende ad alto potenziale tecnologico focalizzate su Intelligenza Artificiale, Big Data e Automazione applicate al marketing e all’advertising. Quali sono state le motivazioni per le quali è stato creato il fondo?

Non c’è dubbio che nei prossimi 10 anni il segmento della tecnologia per la gestione del marketing e advertising sarà il vero vincitore, grazie al positivo impatto dell’automazione resa possibile dalla maturazione e dall’uso sempre più intensivo dell’Intelligenza Artificiale (abilitata dalle maggiori capacità computazionali introdotte dalle tecnologie di computing di nuova generazione) e delle tecnologie di Big Data (trainate dalle continue innovazioni nel campo del cloud storage).

Una combinazione di fattori ha favorito la creazione di un’opportunità di investimento unica in termini sia di ritorni potenziali, sia di time-to-exit, se gestita attraverso player specializzati e altamente competenti in materia come BlackSheep Ventures che può essere sintetizzata nei seguenti punti:

  • nei prossimi anni crescerà a tripla cifra la domanda da parte dei marketer, già esistente e oggi insoddisfatta, di maggiore efficacia e precisione circa la gestione delle attività di comunicazione omnicanale (i canali “digitalizzati” rappresentano ormai il 70% delle interazioni tra brand e consumatore), partendo dal pieno governo dei dati in totale ottemperanza delle nuove prescrizioni del GDPR;
  • per effetto dei cambiamenti imposti dal GDPR l’offerta delle BigTech americane risulta oggi poco adeguata in quanto lenta, costosa e privacy unfit. Per quanto si possa pensare, oggi solo il 9% del totale delle comunicazioni verso la clientela è risultata realmente personalizzata, mentre il 91% ha seguito ancora un sostanziale approccio mass media ad elevata inefficienza;
  • ne consegue che sia le BigTech americane, sia le Big Agencies e le Consulting firms globali, trovatesi improvvisamente in uno scenario competitivo sinora sconosciuto e drammaticamente convergente, saranno chiamate nei prossimi anni a riscrivere buona parte del proprio modello di business, ristrutturando in primis l’offerta commerciale attraverso nuove acquisizioni che vedranno nell’Europa il mercato di acquisto privilegiato. Le ragioni sono sostanzialmente ovvie: più compagnie target disponibili e costi di accesso più bassi rispetto a mercati anglosassoni.

BlackSheep desidera inserirsi in questo straordinario contesto a beneficio dei propri investitori; per farlo ha già individuato una pipeline di 26 aziende target ad alto potenziale e di grande attrattività. Si tratta di investimenti diretti ad aziende che hanno già una dimensione significativa (over 50 dipendenti), una comprovata traction, una presenza matura in uno o più mercati, e spesso cash flow-positive.

Quali sono i segreti per approcciare al meglio la digital marketing industry del futuro e ottenere i migliori risultati?

È sotto gli occhi di tutti quello che sta accadendo ai famosi cookie, utilizzati da vent’anni da tutta l’industry digitale come strumento indispensabile per tracciare i risultati degli investimenti di marketing e profilare gli interessi degli utenti nel tentativo di erogare messaggi pubblicitari sempre più pertinenti e rilevanti.

Forti dei citati regolamenti di tutela della privacy le Big-tech americane stanno alzando ulteriormente le mura dei così detti “walled garden” eliminando dai browser e dai sistemi operativi la possibilità di leggere i cookie senza un previo consenso esplicito dell’utente. Lo stesso discorso si applica all’uso degli ID pubblicitari che storicamente identificano i device mobili: ora sarà richiesta di volta in volta un’esplicita autorizzazione da parte dell’utente. Siamo dunque tornati al momento zero.

I risultati delle campagne di marketing digitali non saranno più tracciabili nel modo tradizionalmente utilizzato e non sarà più possibile profilare gli interessi degli utenti senza che lo sappiano e abbiano fornito il loro palese consenso.

Gli unici a detenere il consenso degli utenti sono le aziende che forniscono servizi con registrazione dei dati personali e la relativa esplicitazione all’uso degli stessi. Guarda caso i più grandi possessori di dati “consensati” sono le Big-Tech americane che da sempre erogano servizi gratuiti come contropartita dell’autorizzazione all’utilizzo dei dati personali. Risulta dunque evidente che le azioni citate di eliminazione dei cookie e degli ID, utilizzando la scusa di tutela della privacy degli utenti, altro non sono che una mossa per eliminare la concorrenza e incrementare il loro dominio.

È facile intuire come i Brand abbiamo due alternative: concentrare gli investimenti sugli unici strumenti di marketing digitale che permettono di tracciare i risultati e di erogare messaggi personalizzati, ossia nelle big-tech americane (Google, Facebook, Amazon) oppure avviare programmi di marketing che richiedano la collaborazione e il consenso esplicito degli utenti, investendo in programmi di loyalty e CRM, garantendosi così la possibilità di acquisire dati di prima parte e ID “consensati” che potranno essere utilizzati per tracciare i risultati ed erogare messaggi di comunicazione personalizzati.

Un esempio virtuoso è la soluzione proposta dai ragazzi di Friendz Enterprise, una tech-company italiana che pone al centro il coinvolgimento strategico delle persone e attraverso una tecnologia proprietaria di gamification e rewarding, connessa con i social media, permettendo di creare delle connessioni virtuose tra i brand e i consumatori basate sulla collaborazione e dunque sull’esplicito consenso all’utilizzo dei dati.

Infatti l’unica informazione che le Big-Tech americane non hanno nei propri dati è proprio quella dell’associazione tra cliente e brand, informazione che le aziende potrebbero facilmente storicizzare digitalmente tramite i propri clienti cogliendo così appieno tutte le opportunità che il marketing digitale gli permetterà di ottenere: dalla misurazione puntuale dei risultati, alla reale personalizzazione dei messaggi distinguendo le comunicazione destinate ai clienti da quelle dedicate ai prospect e di utilizzare i clienti stessi come ambasciatori digitali del brand e come canale per raggiungere altri utenti del loro network.

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