Grecia, banche e Borsa chiuse, in attesa del referendum: gli effetti sui mercati finanziari e gli scenari post voto

Simone Casavecchia

29/06/2015

Dopo l’approvazione del referendum da parte del Parlamento Greco, le autorità elleniche hanno imposto la chiusura delle banche e della Borsa, dando il via a una tempesta finanziaria che sta investendo soprattutto le borse asiatiche: ecco quali sono gli ultimi effetti della crisi greca e gli scenari che potrebbero concretizzarsi dopo il 5 Luglio.

Grecia, banche e Borsa chiuse, in attesa del referendum: gli effetti sui mercati finanziari e gli scenari post voto

All’indomani dell’ennesimo fallimento delle trattative per sbloccare la crisi greca quel che più preoccupa è che la settimana iniziata oggi potrebbe rivelarsi una pericolosissima discesa per le principali borse di tutto il mondo.

Non sono solo gli effetti relativi al debito che iniziano a preoccupare i giocatori di questa delicatissima partita, ovvero gli Stati Europei che subirebbero ingenti conseguenze economiche da un default greco ma, soprattutto, i mercati finanziari che iniziano a concretizzare le loro paure con sedute in pesante perdita, per ora, in particolare sulle piazze asiatiche.

Per quanto riguarda le ultime fasi della trattativa sugli aiuti alla Grecia occorre ricordare che, sul piano politico, ovvero riguardo alle riforme finalizzate a portare la Grecia fuori dalla crisi, non si è raggiunto un accordo ed è rimasta l’inconciliabilità delle posizioni dell’Eurogruppo, che tra l’altro ha anche reso pubblico il proprio piano di proposte, con quelle della Grecia che ha abbandonato il tavolo delle trattative.

Sul fronte strettamente economico, è da registrare l’aiuto condizionato della BCE che ha deciso di mantenere il livello dei fondi di emergenza ELA destinati alle banche greche a quota 89 miliardi, cercando di garantire la stabilità finanziaria di tutti i Paesi dell’Eurozona, pur negando però di concedere ulteriori aiuti dopo la scadenza di domani (scadono i termini per il rimborso di 1,6 miliardi al Fmi), come richiesto dal premier greco Tsipras.

Referendum greco e bank run
Quel che più preoccupa in questo momento è però il fronte interno. Nonostante la decisione della BCE di mantenere inalterato il livello dei fondi di liquidità d’emergenza destinati alle banche greche, dopo l’approvazione del referendum sul piano di salvataggio dell’Eurogruppo, approvato dal Parlamento Greco, la corsa agli sportelli per prelevare liquidità (bank run) da parte dei correntisti greci, ha assunto proporzioni preoccupanti, toccando, nella sola giornata di ieri quota 700 milioni di euro, nonostante le rassicurazioni pubbliche del premier Tsipras riguardo alla sicurezza dei depositi greci.
La situazione si è fatta così preoccupante che la Banca Centrale ellenica ha suggerito di chiudere le banche e la Borsa non solo nella giornata di ieri ma per l’intera settimana. In attesa che si tenga il tanto temuto referendum sul piano di salvataggio proposto, o meglio imposto dall’Eurogruppo, il prossimo 5 Luglio, le banche e la borsa greche dovrebbero rimanere chiuse fino al 6 Luglio, giorno successivo al referendum, per riaprire il prossimo 7 Luglio. Da domani i cittadini greci potranno prelevare un massimo di 60 euro al bancomat mentre, nel contempo, inizieranno i controlli sui capitali.
Per Tsipras si è trattato dell’ennesimo tentativo da parte dell’Eurozona di bloccare il processo democratico greco e lo stesso referendum, dal momento che, già domani, la BCE, che detiene il controllo diretto delle 4 principali banche greche (Alpha Bank, Banca del Pireo, Banca nazionale di Grecia e Eurobank) potrebbe decidere che tali istituti di credito non possano più essere ritenute solventi, ovvero che non posseggano più la liquidità necessaria per essere nelle condizioni di continuare a godere del fondo di liquidità di emergenza.
L’attività bancaria e borsistica è stata interrotta proprio per evitare l’emorragia di capitali che sta avvenendo già da alcuni mesi a questa parte; d’altra parte i cittadini greci prelevano il loro denaro perché sono ben consapevoli del rischio di una tempesta finanziaria che bruci i loro risparmi in caso di default greco. La chiusura delle banche si rivela per ora l’unica misura efficace anche se, chiaramente, non potrà durare a lungo.

Le reazioni dei mercati
I mercati, fisiologicamente altalenanti, avevano inizialmente creduto nella possibilità di uno sblocco delle trattative: soprattutto le piazze europee, nelle ultime settimane, avevano dato segnali positivi.
Si tratta però di una situazione che, con ogni probabilità, non si ripeterà anche questa settimana: l’apertura delle maggiori piazze europee dovrebbe essere in decisivo calo, sulla scia delle tensioni greche e per effetto dell’approvazione del referendum di domenica prossima.
A farlo presagire sono i segnali che arrivano delle piazze asiatiche: stamattina la borsa di Tokyo è crollata, perdendo quasi il 3% e segnali altrettanto negativi arrivano da Shangai e da Sidney.
Per quanto riguarda le borse europee, i titoli a cui guardare con maggiore preoccupazione sono senz’altro i bancari: per essi quella di oggi potrebbe rivelarsi una seduta drammatica dal momento che questi titoli risentono pesantemente dell’andamento dello spread e delle variazioni sui rendimenti dei titoli sovrani (titoli di stato).

Cosa accadrà dopo il referendum greco?
La road map per arrivare al 5 Luglio è segnata, intanto, da un’importante scadenza: quella di domani, entro la quale la Grecia deve restituire 1,6 miliardi al Fondo Monetario Internazionale e deve reperire una cifra simile per pagare gli stipendi pubblici e le pensioni. In base a quello che avverrà domani anche la BCE potrebbe cambiare il proprio atteggiamento riguardo ai prestiti concessi attraverso il fondo per la liquidità d’emergenza.
Se la Grecia non dovesse onarare la scadenza di domani, andrebbe in arretrato con l’FMI, tale situazione indica solo l’avviamento alla bancarotta, perché le procedure per la bancarotta stessa richiederebbero tempi più lunghi e anche secondo le agenzie di rating, si potrebbe parlare solo di mancato pagamento e non di default perché non sarebbero ancora coinvolti creditori privati.
Se domani la Grecia non dovesse onarare il proprio debito con l’FMI, il fondo salvastati EFSF (a cui concorrono, insieme allo stesso FMI, anche BCE e Unione Europea) potrebbe decidere di attendere ulteriori sviluppi della situazione, dichiarare una riserva dei diritti con la quale la situazione d’insolvenza che andrebbe a configurarsi domani sarebbe congelata, oppure chiedere la restituzione di tutti i crediti vantabili nei confronti della Grecia.
In ogni caso occorre ricordare che default, ovvero bancarotta, non è sinonimo e non implica automaticamente l’uscita della Grecia dall’Euro, dal quale per altro, non esiste neanche una procedura per uscire; sarebbe tutt’al più possibile un’uscita dall’Unione Europea che però richiederebbe un dibattito biennale e la ratifica della decisione da parte di tutti gli stati membri.
Al di là della scadenza di domani è però la data del 5 Luglio a far più paura perché, soprattutto in caso di vittoria del NO si configurarebbe lo scenario più incerto con un blocco dei capitali e delle banche che verrebbe prolungato e l’Europa che fermerebbe i pagamenti nei confronti della Grecia.
In quest’ultima ipotesi la Grecia andrebbe incontro a un periodo di forte recessione e instabilità sia economica che politica ma anche l’Europa subirebbe contraccolpi non trascurabili: l’euro si indebolirebbe eccessivamente nei confronti del dollaro e anche l’Italia che vanta già un altissimo debito pubblico, si troverebbe con un creditore insolvente da cui non riotterrebbe più capitali per 40 miliardi di euro.

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